Se avete provato ad inviare Bitcoin a qualcuno, vi sarete sicuramente imbattuti nelle cosiddette transaction fees (o, in italiano, commissioni delle transazioni). Si tratta di una piccola somma di denaro da aggiungere ad una transazione, pagata sempre dalla persona che intende inviare Bitcoin.
Per comprendere meglio di cosa si tratta, occorre fare un passo indietro e imparare il funzionamento del network Bitcoin.
Il network di Bitcoin è formato da tutti gli utenti che, tramite un’applicazione sul computer, sullo smartphone, o su qualunque dispositivo supportato, si scambiano Bitcoin. È qualcosa di simile ad una rete di file sharing p2p, come BitTorrent, con una crittovaluta al posto di film, musica e altri file.
All’interno di questa rete, alcuni utenti (detti miners) si occupano di raccogliere le transazioni, approvarle aggiungendole ad un blocco e di inserire tale blocco nuovo all’interno della blockchain, il database contente tutte le transazioni effettuate dalla nascita del Bitcoin. Tale processo, detto mining, avviene mediante operazioni matematiche complesse che richiedono un’elevata potenza computazionale.
Mantenere un hardware in grado di effettuare queste operazioni è costoso. I miners, quindi, vengono ricompensati, in parte, attraverso i nuovi Bitcoin che vengono aggiunti ogni volta che viene creato un nuovo blocco. Il numero di nuovi Bitcoin generati, però, è programmato per dimezzarsi ogni 4 anni circa, fino a quando non sarà raggiunto il numero massimo di moneta in circolazione (circa 21 milioni di Bitcoin).
I miners, pertanto, possono guadagnare anche grazie alle transaction fees: una volta che viene creato un blocco, l’utente può raccogliere le commissioni di tutte le transazioni che sono state inserite in esso.
Va bene, ma come funzionano?
Da quanto detto, è facile intuire come i miners abbiano interesse nell’approvare per prime quelle transazioni con una commissione maggiore. Tutti i wallet, comunque permettono di selezionare la somma di denaro da allegare alla transazione, in base a quanto tempo si è disposti ad aspettare perché questa venga approvata.
Le transaction fees, però, non dipendono dall’importo che si desidera inviare (come avviene, invece, con la maggior parte di strumenti finanziari), bensì dalla dimensione (in byte) della transazione.
Immaginate la transazione come un file, contenente alcune informazioni: i vostri indirizzi dai quali intendete inviare Bitcoin, la somma che volete inviare e l’indirizzo (o gli indirizzi) del destinatario. Più informazioni saranno contenute in questo file, maggiore sarà il suo peso. Ovviamente, si tratta di una semplificazione, ma penso aiuti molto a comprenderne il funzionamento, senza sfociare in complessi tecnicismi.
Le commissioni, quindi, si misurano in satoshi/byte. Ricordate che il satoshi è la più piccola unità attualmente utilizzata e corrisponde a 0.00000001 BTC.
È bene far presente, comunque, che queste commissioni dipendono anche da quante transazioni non ancora approvate sono presenti all’interno della rete. Maggiore sarà il loro numero, maggiore sarà la somma da pagare perché la nostra transazione venga approvata in tempi rapidi.
Ok, ma posso non pagare queste fees?
In teoria, pagare le transaction fees non è obbligatorio. Tuttavia, con l’aggiornamento del 2013 del client ufficiale, le transazioni con una commissione inferiore a 0.0001 BTC (10000 satoshi) vengono considerante non-standard, con il rischio che non vengano mai approvate.
Inoltre, dovete tenere presente che queste tasse vengono date ai miners, ovvero a quegli utenti che contribuiscono a mantenere sicuro, stabile e funzionante il network. Quando verrà raggiunto il numero massimo di Bitcoin in circolazione, l’attività di questi utenti verrà ricompensata solamente attraverso queste fees.
Quali sono i problemi associati a questo meccanismo?
Il numero di utenti che utilizza Bitcoin è cresciuto con una rapidità incredibile (e lo dimostra anche il valore della crittovaluta che, attualmente, si trova a oltre i 1000€). Non si può dire, però la stessa cosa, del numero di miners.
Con pochi nodi che si occupano di approvare le transazioni, è cresciuto il numero di quelle in attesa. Questo ha provocato una crescita delle commissioni.
Ad oggi, di fatto, è quasi impensabile l’invio di piccole somme di denaro con il Bitcoin. Immaginate di voler inviare 100000 satoshi (poco più di 1€ al cambio attuale) ad un amico: sareste disposti a pagare 40-50000 satoshi (circa 45-50 centesimi) di commissione?
Risulta essere questo il fulcro dello scaling debate (il dibattito sulla scalabilità del Bitcoin) di cui vi parlerò nel prossimo articolo, mettendo a confronto le due soluzioni proposte: Segregated Witness e Bitcoin Unlimited.